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Arturo Scotto legge Anna Frank

di admin • Pubblicato il 12 Febbraio 2020 17:11:29Filo diretto

Ma loro sono tanti a scrivere e io sono solo a leggere, io devo leggere ancora tanto” (Massimo Troisi)

Il 27/01/2020 alle H. 9.30 nella scuola secondaria di 1^g A.Baccelli, gli alunni delle classi 3A-3B-3C-3E-3F-3H intervistano l’ex deputato Arturo Scotto, ospite nel loro istituto per leggere agli alunni le pagine più significative del diario di Anna Frank in occasione del giorno della Memoria.

Può raccontarci com’è avvenuto il suo percorso professionale e com’è arrivato a presentare la Shoah nelle scuole?

Intanto vi ringrazio dell’invito e per la possibilità di questa chiacchierata. Il mio non è un percorso professionale, è un percorso di militanza politica, una scelta di vita … che ho iniziato da ragazzino, circa all’età di dodici anni e negli anni successivi, iscrivendomi al più grande partito della sinistra italiana. Inizialmente fu il partito comunista e poi i diversi nomi che questo partito ha assunto. Perché ho scelto questo? Perché nella mia città, in provincia di Napoli, Torre del Greco, quella parte politica era quella che si batteva per le persone più fragili, per chi lavora, per chi vive del proprio salario. Inoltre perché nella mia città quelli che hanno sempre governato erano stati coinvolti in scandali, inchieste e molto spesso, come dire, al confine se non pienamente in giochi di corruttele e giochi mafiosi, con cui mi trovavano in disaccordo e mi facevano indignare e da lì ho conosciuto la militanza politica. Negli anni questa militanza è diventata qualcosa in più di una semplice adesione ideologica e ad oggi è diventato un impegno a tempo pieno, ho avuto il privilegio di poterlo svolgere all’interno di un partito, all’interno della struttura politica del mio partito e poi successivamente anche all’interno dell’impegno istituzionale, sia a livello amministrativo sia a livello parlamentare. La dico così con una battuta: la cosa che mi ha riempito di più dal punto di vista umano, dal punto di vista della mia crescita intellettuale, morale e politica non sono stati tanto gli anni nelle istituzioni, l’impegno istituzionale ma la possibilità di conoscere tanta gente e le condizioni sociali di milioni di persone, incontrare il  mondo del lavoro e della scuola, anche in occasioni come queste, che tutti gli anni rinnoviamo in tante scuole di questo paese, il confronto con i ragazzi e le ragazze e conoscere il loro percorso di formazione, e chiudo con questo: penso che questa giornata sia la giornata più importante, perché può apparire secondario l’esercizio della memoria invece in ogni giorno che viviamo, la realtà ci presenta sempre le stesse curve che una generazione di 75 anni fa dovette intraprendere per difendersi dalle barbarie, dall’antisemitismo e dall’olocausto. Quelle curve sono diverse, hanno altri nomi e altre modalità. Ma fino a quando esisterà il pregiudizio nella testa degli uomini questa giornata ha un senso universale.

Abbiamo letto che lei alla nostra età aveva già iniziato ad interessarsi alla vita politica, com’è nato questo interesse?

Mah l’ho detto prima…ci sono cose che ti prendono dentro., perché vedi la tua realtà, la tua città il tuo quartiere e la condizione delle persone che incontri al bar, al campo sportivo, piuttosto che sulla metropolitana. Allora ti domandi ‘’Ma come è possibile che ci siano tante disparità sociali, perché c’è la disuguaglianza, perché c’è chi guadagna troppo e chi guadagna troppo poco’’. Non è un fatto normale, non è una condizione naturale, e non è soltanto legata alle capacità di ciascuno ma molto spesso è legato all’origine sociale, se sei figlio di un avvocato molto probabilmente avrai maggiori chance e maggiore fortuna nella vita, invece se sei figlio di un disoccupato o di un operaio hai più difficoltà ad accedere all’università e allo studio. Per questo io ho deciso di impegnarmi… io pensavo, e penso tutt’ora, che bisogna dare pari opportunità e pari diritti a tutti.                                   

 Perché ha scelto di leggere proprio il diario di Anna Frank?

Il libro di Anna Frank mio padre me lo diede da leggere quando avevo la vostra età e mi disse “Prendi questo testo e capirai quanto è diversa la condizione di te adolescente rispetto alla vita dei ragazzi di quel tempo incredibile.” Se leggete questo diario è innanzitutto un romanzo, io rivedendolo, dopo i fatti che mi sono capitati e dopo anche questo invito, che mi avete dato, ho riletto questo libro dopo 25 anni. Intanto ho pensato che questa bambina avrebbe fatto sicuramente la scrittrice, e lei tra l’altro lo ha scritto in un paragrafo del diario. Questa ragazza attraversa in questo alloggio segreto, dove si sono nascosti otto persone per ben due anni, tutte diverse tra di loro, anche per l’origine sociale, due famiglie più una terza persona, costrette dai fatti tragici del Nazismo, della guerra e dell’olocausto. Questa ragazza attraversa tutti i gradi della vita: entra bambina e esce adolescente, entra prima di sentirsi donna e esce sentendosi pienamente adulta, ci entra senza aver conosciuto l’amore e ne esce consapevole di tutti i sentimenti che si provano. Dentro la più grande tragedia che l’umanità abbia mai conosciuto, lei riesce ad attraversare questi due anni drammatici anche provando a vivere. Ed è un invito a tutti quando vediamo le difficoltà pensiamo che tutto ci vada storto, che la vita remi contro di noi, pensiamo alla forza di questa ragazza, al coraggio, alla sua anima pugnace che l’aveva dentro una condizione, oggettivamente incredibile, nei 65 metri quadrati, senza poter parlare ad alta voce, senza poter ascoltare la radio, tranne alcuni momenti specifici della giornata, dovendo anche razionare il cibo e dovendo vivere uno sopra l’altro, senza nemmeno conoscersi del tutto, eppure lei scrive, prova ad immaginare una vita migliore di quella che stava vivendo in quei momenti brutti. E questi sono i motivi che mi hanno spinto a leggere, tra tanti libri, proprio il diario di Anna Frank.

Come mai la bambina Anna Frank rappresenta un simbolo della lotta contro l’odio antisemita?

Perché Anna Frank è un’ebrea che a un certo punto, dentro una famiglia di ebrei, che erano già scappati da Berlino, con esattezza da Francoforte ,dopo l’avvento di Hitler al potere, scappano e vanno in Olanda, in una terra tradizionalmente tollerante e liberale, lì incontrano altre persone e avviano un’attività imprenditoriale con alterne fortune, ma il padre è un uomo molto determinato, e ovviamente quando Hitler occupa l’Olanda piano piano si stringe il cerchio. Migliaia di ebrei vengono deportati, alcuni riescono a scappare, ma la sua famiglia decide di nascondersi. Perché diventa il simbolo? Intanto per la condizione che ho provato a raccontarvi prima, secondo perché questa testimonianza, questo diario, lei ce lo ha lasciato e tutti abbiamo avuto la possibilità di leggerlo, milioni e milioni di persone, intere generazioni e probabilmente tanti altri libri e diari di ragazze come lei che poi sono state condannate a morte nei campi di concentramento sono andati perduti, per questo il “Diario di Anna Frank” è un documento eccezionale, sia dal punto di vista letterario sia dal punto di vista storico.

Quale messaggio vorrebbe lasciare ai giovani riguardo all’esperienza di Anna Frank?

Mah…la dico come una battuta…il coraggio di affrontare situazioni difficili, impossibili, tremende in una condizione indescrivibile, mantenendo una fiducia enorme nella bontà dell’uomo e lei lo scrive, una spensieratezza, dovuta alla sua età ma anche al suo carattere, quindi la capacità di vedere le cose buone della vita, di innamorarsi, di socializzare, di cercare di capire e di mettersi nella testa degli altri. Questo mi sembra il messaggio universale di Anna Frank.

Ci sono altre testimonianze riguardo alla Shoah che le stanno particolarmente a cuore?

Ci sono milioni di libri e tantissimi film e me ne sono segnati qualcuno che vi consiglierei: uno che appartiene molto alla vostra età è “L’amico ritrovato” di Fred Uhlman, sull’amicizia. Un altro “Si chiamava Friedrich”, anch’essa una storia di amicizia di Hans P. Richter, poi un fumetto con successo enorme negli anni 2000 che si chiama “Mouse”, “La notte” di Elie Wiesel e ovviamente “Se Questo E’ Un Uomo” di Primo Levi, “La Tregua” che è la storia del ritorno degli ebrei, perché dopo la liberazione dai campi di concentramento di Auschwitz e degli altri e dopo lo sterminio di 6 milioni di persone i sopravvissuti prima di tornare a casa o decidere di partire per lo Stato di Israele vissero una condizione comunque drammatica di profughi e ne vediamo tanti oggi in giro per il mondo, quanto è difficile il ritorno a casa. Poi un libro più impegnativo, forse quello secondo me che mi ha colpito di più è “La banalità del male” di Hannah Arendt, che ovviamente racconta soprattutto il processo di Norimberga, e la domanda di questa grandissima giornalista filosofa, scrittrice, donna di grandissimo livello, è  “Come persone apparentemente normali, con una vita coniugale normale, che se li vedi dal punto di vista fisico sono personaggi anche abbastanza anonimi, abbiamo potuto imporre una dittatura totalitaria e sanguinaria a un popolo, scatenato una feroce guerra di sempre pianificato il genocidio e sterminio degli ebrei, Banalità del male, perché li vedi in faccia e ti sembrano persone normali ordinarie poi in realtà sono capaci di determinare la più grande tragedia nella storia dell’umanità“.

A 70 anni dall’apertura dei cancelli di Auschwitz e dalla fine della guerra, la memoria della Shoah è diventata o no patrimonio collettivo e condiviso dalla società e in particolare dal mondo della scuola?

Io credo di sì e sicuramente molto più di prima, anche se la straordinarietà di questa giornata della Memoria, che è stata poi alla fine istituita abbastanza recentemente da una legge del parlamento datata 2000, (parliamo di venti anni fa, quando il Consiglio dei ministri dell’educazione in Europa l’ha varata nel 2004 definitivamente) ha acconsentito una diffusione di testi come questo e di giornate di ricordo come questa, molto più imponente rispetto al passato, anche se devo dire che purtroppo le scelte che sono state fatte negli ultimi anni e che hanno ridotto la scuola sempre a un capitolo secondario nei governi, a una riduzione delle risorse ha la tendenza di relegare lo studio alla storia contemporanea tenuta sempre più in un angolino che purtroppo ha indebolito il tessuto e la memoria, invece penso che la scuola sia il luogo fondamentale da cui ripartire. Penso però che allo stesso tempo il lavoro di tanti insegnanti è la cosa più preziosa che abbiamo; oggi insegnare alla scuola Italiana è un atto di eroismo sia dal punto di vista, purtroppo, della condizione economica, sia dal punto di vista dei mezzi che vengono dati, e quindi da questo punto di vista, queste occasioni sono davvero straordinarie. Tuttavia, risorge in maniera inquietante uno spirito xenofobo, razzista che poi alla fine precipita sempre nell’antisemitismo, l’ultimo stadio ma che è la conferma del perché va combattuto tutto il razzismo, perché noi ci troviamo di fronte a dei dati che sono abbastanza inquietanti, c’è uno studio della Ghisleri, che è una sondaggista Italiana commissionato alcuni mesi fa, proprio in occasione alla giornata della memoria del 75°esimo anniversario della scoperta del campo di Aushwitz- Birkenau, che riporta un numero apparentemente minimo, una percentuale minima di 1,6% della popolazione Italiana è pienamente negazionista nei confronti della Shoah e dichiaratamente antisemita. Poi accanto a questo crescono sempre di più fino ad arrivare addirittura al 15% della popolazione, pregiudizi ancestrali nei confronti degli ebrei e dei loro discendenti, come protagonisti della crisi economica, di un’idea della guerra e dello Stato del potere politico monopolistico, sono quelli lì che trattengono i nostri soldi, gli stessi pregiudizi che portarono in altre epoche storiche, in particolare il ’33 a quelle  vicende drammatiche.                                                         
Dunque cresce l’antisemitismo, la sondaggista di Euromedia, la Ghislieri, dice addirittura ”apparentemente quell’ 1.6% è pochissimo, ma in realtà se poi lo parametrate su un numero effettivo, la popolazione Italiana fa quasi 1 milione di persone apertamente antisemita, è un numero gigantesco e inquietante.

Lei ha qualche parente sopravvissuto ad una persecuzione ebrea?  

 No, ho avuto parenti che ovviamente sono stati dichiaratamente antifascisti e conservo ancora gelosamente la tessera del partito comunista Italiano del 1944, era ancora in una fase di semiclandestinità di mio nonno e ho avuto il privilegio di conoscere tantissime persone che sono sopravvissute ai campi di concentramento, avuto il privilegio di partecipare al 70°esimo anniversario della cacciata dal ghetto di Varsavia degli ebrei in Israele allo Yad Vashem, nel 2014 e ho conosciuto parecchi deportati anche lì.

 A causa di Hitler e della sua politica discriminatoria molte persone hanno perso la vita e tra questi anche Anna Frank è stata vittima del nazismo. Qual è la prima cosa a cui ha pensato quando ha sentito la frase “Anna Frank sei finita nel forno…”?

Ero incredulo, intanto perché ero in vacanza a Venezia insieme a mia moglie e mio figlio ed eravamo in una delle piazze più belle del mondo, piazza San Marco, come altre decine di migliaia di turisti. Dietro c’erano questo gruppo di ragazzi che urlavano in coro canti inneggianti al duce e canti che dicevano “Anna Frank nel forno” … io ero incredulo perché l’ho trovata una cosa assurda in un giorno così, e la mia reazione è stata emotiva, molto forte. Mi capita spesso di essere un po’ così quando vedo episodi che non mi piacciono, in metropolitana, al baro in luoghi di lavoro, ma li mi è salito un po’ il sangue alla testa e gli ho detto di smetterla, detto ad una seconda volta e sono passate dalle parole ai fatti. Ma la cosa che mi ha fatto più paura e più dolore non sono stati nemmeno i cazzotti, ma quelle parole perché vedere la bocca di ragazzi di venti anni parole su Anna Frank così oltraggiose, così forti, così gravi e ciniche, è una cosa insopportabile

 Perché ha voluto difendere la memoria di Anna Frank?

Perché difendere la memoria di una singola persona,difende la memoria di un popolo, di un’umanità che a un certo punto impazzisce nel corso della propria storia, perché il nazismo ha prodotto 6 milioni di morti, ha mandato la gente a morire nei campi di concentramento. Quindi difendere quella persona era come difendere l’idea che queste cose non accadano mai più.

Ha temuto per l’incolumità dei suoi familiari durante l’aggressione a Venezia?

Per la verità in quel momento ero abbastanza incredulo rispetto a quello che accadeva. Si un po’ per mia moglie e mio figlio, ma è stato tutto così rapido e incredibile che non riuscivo a crederci.

Cosa le ha dato maggiormente fastidio di quel commento fatto da quei ragazzi?

Esattamente l’offesa alla memoria di Anna Frank e la leggerezza con il quale affrontavano argomenti così importanti e delicati e un’offesa gigantesca alla memoria di milioni di persone.

Cosa ne pensa del giovane che l’ha soccorso?

Sono stato venerdì scorso a Venezia a incontrare il questore comandante dei carabinieri che stanno procedendo con le indagini, ci sono i video sono abbastanza schiaccianti e quindi si procederà rapidamente nella identificazione. Questi ragazzi per me sono la meglio gioventù di questo paese, perché sono due ragazzi che non hanno pensato un attimo a buttarsi per darmi una mano, non sono ragazzi politicizzati, l’hanno fatto, perché quando vedi una persona in difficoltà provi a difenderlo, a separare, provi a proteggerlo. E sono due storie belle, particolari. Filippo è un ragazzo di appena 20 anni, trevigiano, che ha finito la scuola, ma non riesce a trovare lavoro, è precario, eppure insomma non ha avuto paura a denunciare. E Vladi che di origine moldava, ma vive qui da 18 anni, si è laureato a pieni voti all’università Ca’fosca in informatica, lavora già con un contratto a tempo indeterminato, paga le tasse al nostro paese, ma non ha la cittadinanza. E lui mi ha raccontato che la madre era un po’ preoccupata, perché diceva che quando si è ripresentato a casa con un occhio nero, bello evidente, lui ci ha pensato 24 ore, la madre gli ha detto lascia perdere perché è normale che ci sia un po’ di timore, non sei cittadino, vivi ancora con il permesso di soggiorno, nonostante stai qui da 18 anni, l’ idea di dover andare a denunciare alla polizia, ti può sempre un spaventare, invece ha avuto la determinazione di dire “vado”, perché c’è stato un sopruso e non lo posso tollerare.

Perché ha deciso di intervenire durante l’aggressione quando poteva non farlo?

Perché io penso che bisogna reagire e non avere paura, si può reagire in tanti modi, se avessi avuto probabilmente lì vicino o lo avessi visto un poliziotto, un carabiniere avrei detto “Intervenite immediatamente”. Io non pensavo che l’epilogo sarebbe stata, come dire un’aggressione, pensavo che alla fine fosse accaduta una cosa più normale, che avrebbero smesso, come capita spesso quando intervengo se trovo qualcuno in una metropolitana, nell’autobus che dice una frase razzista, si stanno zitti. Lì invece erano una squadraccia abituata a reagire e a picchiare.


Cosa l’ha spinta a diventare la persona che è ora?

Nono lo so, non sono diventato niente, per me la politica è una scelta di vita, che cosa? la passione, la voglia di cambiare il mondo di reagire alle ingiustizie, nel momento in cui si dovesse spegnere la fiammella dentro di me, smetterei di fare militanza politica, spero che invece duri ancora per qualche anno. Se diventasse invece routine, rito, mestiere, professione come le altre, cambierei.

Pensa che lei un giorno avrà voglia di scrivere un libro sugli episodi di questo tipo, in modo tale da emozionare e sensibilizzare chi legge?

Non lo so, non ci ho pensato, io sono po’ più cauto sui libri, vedo tanti politici che scrivono libri, alcuni sono molto belli, altri sono autocelebrativi, altri ancora sono sostanzialmente dei panflei, di concetti triti e ritriti, ci sono cose molto più importanti e molto più belle che sono state scritte e che io ancora devo leggere. Ho una battuta memorabile di un attore napoletano molto famoso, delle mie parti e del vostro dirigente Nazario Malandrino, Massimo Troisi che dice “Ma loro sono tanti a scrivere e io sono solo a leggere, io devo leggere ancora tanto”, e vi invito molto a farlo anche a voi. C’è un passo di Anna Frank molto bello, dove dice  ”se non ci fossero i libri nessuno si può rendere conto quando è nascosto, quando è solo, quando non si può far vedere, quando non può fare nulla, perché non può mettere in naso fuori, non può andare a prendere un caffè con un amico, non può andare a farsi una passeggiata”. Quanto contano i libri, quindi più che scriverli nella mia vita io devo ancora leggerli tanti.

Un grazie di cuore all’ex deputato Arturo Scotto per la sua disponibilità.