giovedì 2 Maggio 2024

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In ricordo della Shoa

“Ogni caso” poesia scritta da Wislawa Syzmborska

di admin • Pubblicato il 03 Marzo 2017 19:47:26Tra immagini e parole

Poteva accadere.
Doveva accadere.
E’ accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
E’accaduto non a te.
Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.
Per fortuna là c’era un bosco.
Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,
un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.
In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.
Dunque ci sei? Dritto dall’animo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì? Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore.

                                                          Wislawa Szymborska

Quest’anno vorrei ricordare la Shoa presentandovi questa poesia  scritta da Wislawa Szymborska. La scrittrice è stata una poetessa e saggista polacca. Premiata con il Nobel nel 1996 e con numerosi altri riconoscimenti, è generalmente considerata la più importante poetessa polacca degli ultimi anni, e una delle poetesse più amate dal pubblico della poesia di tutto il mondo.
Nasce a Kòrnik, in Polonia, il 2 luglio 1923 e la sua prima poesia, intitolata “Cerco la parola”, è stata pubblicata a Cracovia il 14 marzo 1945 nel settimanale Walka, supplemento del giornale Dziennik polski. Nel 1996 l ‘ autrice vince il Nobel per la Letteratura e nel suo discorso di ringraziamento parla del ruolo del poeta nel mondo. A proposito dell’ispirazione, a chi le chiedeva che cosa fosse, rispondeva che non era certo un privilegio di poeti e artisti ma che apparteneva a tutti coloro che avevano scelto e risposto al loro lavoro con amore ed immaginazione, che fossero dottori, insegnanti o giardinieri. Qualsiasi cosa fosse l’ispirazione, essa nasceva dalla curiosità, da un continuo domandare, domandarsi e rispondersi di non sapere. La sua ultima pubblicazione, uscita in Italia nel 2009, s’intitola La gioia di scrivere (edita da Adelphi) e raccoglie tutte le poesie scritte dal 1945 al 2009. Muore a Cracovia l’1 febbraio 2012.
La poesia s’intitola “Ogni caso”,  è stata pubblicata nel 1972, e racconta la storia di una coincidenza declinandola in infinite, piccole, sfumature del caso con una semplicità disarmante. Questa poesia spiega le infinite combinazioni imprevedibili e casuali che la vita ci riserva. Parla della vita durante la Shoa, di come in qualunque momento la vita poteva finire, di come chiunque poteva morire, come se fosse una cosa normale, senza che nessuno poteva fare niente. Questa poesia, però, pone anche delle domande dalla parte dei sopravvissuti: perché qualcuno è morto e loro no? Perché a qualcuno, ad un’innocente, è toccata questa sorte? Le risposte si possono leggere fra le righe: tutto succede per un motivo, tutto succede per colpa del destino, di cui noi siamo delle vittime. Wislawa ha sempre toccato questi argomenti molto forti e nelle sue opere sono sempre stati presenti dei dubbi esistenziali.
La sua opera dà voce ai pensieri che la nostra volontà non può, e non sa, spiegare, se non affidandone alla fede gli imprevisti positivi o catastrofici in cui inciampiamo tutti i giorni. Interpreta l’occasione mancata, la fortunata combinazione di eventi, i millimetri che fanno la differenza tra la vita e la morte, spesso, nella nostra assoluta inconsapevolezza ed impotenza. Tutti abbiamo l’illusione che se qualcosa va bene è grazie alle nostre capacità e alla nostra volontà ma la verità è che siamo tutti vittime del destino, siamo tutti delle briciole di fronte al caso. Ognuno potrà leggere ciò che desidera nei versi dell’autrice. A volte si immagina un’evento della nostra vita che ci ha segnati profondamente, oppure un momento in cui abbiamo presso coscienza che tutto era li’; La vita era appesa ad un filo leggerissimo ed inafferrabile, meravigliosamente bello e spaventoso allo stesso tempo.

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