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La principessa infelice

di admin • Pubblicato il 22 Marzo 2021 18:53:28Racconti

C’era una volta, nel lontano regno di Fantasia, una principessa che viveva in un grande castello insieme al re. La ragazza trascorreva le sue giornate in solitudine, chiusa nella sua stanza da cui usciva solo per fare lunghe passeggiate nel bosco che circondava il castello. Chi la incontrava, notando la grande tristezza che traspariva dai suoi grandi occhi azzurri, non osava avvicinarla e fu così che, per tutti, divenne la “principessa  infelice”. La ragazza non riusciva a capire perché, quello che credeva fosse suo padre, non nutrisse amore per lei: mai una parola affettuosa, mai un abbraccio o una carezza e quello sguardo freddo e severo che la faceva tremare. Ciò la rendeva infelice e, l’unico modo per superare lo sconforto, era stringere il ciondolo a mezzo cuore attaccato alla sua collanina da cui non si separava mai, unico ricordo della sua giovane mamma morta dandola alla luce. Quello che la giovane ignorava era che quell’uomo privo di amore per lei non era in realtà il suo vero padre ma, piuttosto, colui che glielo aveva portato via, uno stregone avido e senza scrupoli che, per impossessarsi del trono, aveva escogitato un piano diabolico. Infatti, durante la festa organizzata per la nascita della principessa, quando ancora il sovrano era triste e sconsolato per la morte della giovane moglie, il mago di corte lo aveva convinto a bere qualcosa per far passare la tristezza e ridargli fiducia nella vita, così da poter crescere la creatura appena nata. Senza saperlo aveva bevuto, invece, una potente pozione magica che lo aveva reso vittima di un incantesimo, trasformandolo in un gatto. L’unica traccia che rimaneva della sua vita umana era il ciondolo a mezzo cuore che, una volta, pendeva dalla sua collana, ora dal suo collare rosso. In quel ciondolo risiedeva anche l’unica speranza di riavere la sua vita e, soprattutto, la sua bambina: l’unico modo di spezzare l’incantesimo era, infatti, riunire i due mezzi cuori, così da riformare il ciondolo nella sua interezza, simbolo del vero amore. Il re, ridotto a un docile e tenero gattino, più nulla poteva fare contro il malvagio stregone e decise, perciò, di ritirarsi nel bosco, lasciando il trono e, ahimè, la bimba, in mano al nuovo crudele sovrano di Fantasia. Nel bosco, il gatto magico trovò riparo in una vecchia casetta abbandonata, con il tetto cadente e le ragnatele ai muri e visse mangiando animaletti e bevendo l’acqua del fiume. Il resto della giornata lo trascorreva aspettando che passasse di lì, in una delle sue lunghe passeggiate, la principessa triste. Una notte, un ragazzo in viaggio verso il castello, venne colto alla sprovvista da un temporale e, cercando riparo, si rifugiò nella piccola casetta di legno dove viveva il re gatto. Provò a bussare ma nessuno gli rispose così, seppur titubante, aprì la porta e si accorse subito del forte odore di gatto randagio, poi, all’improvviso, iniziò a sentire una voce che gli dava il benvenuto. Il giovane si spaventò molto perché non capiva chi fosse a parlare, così seguì la voce e, in un angolino buio, vide un gatto. Come si può facilmente immaginare andò nel panico e, non potendosi spiegare come un gatto potesse parlare, pensò di essere impazzito. Il gatto magico, però, pian pian gli spiegò tutto perché, giorno dopo giorno, imparò a fidarsi di lui: la timidezza che lo faceva balbettare e la gentilezza nei modi rivelavano la bontà del suo animo e la sua ingegnosità era sempre al servizio degli altri, persone o animali che fossero. Un giorno, dunque, il gatto magico, si decise a chiedere aiuto al giovane per rompere l’incantesimo e riabbracciare sua figlia, ormai divenuta grande. Il giovane, senza la minima esitazione e senza chiedere alcuna ricompensa, decise di aiutare il suo amico, anche se questo avrebbe significato vincere la sua proverbiale timidezza. La necessità di parlare con quella ragazza, tanto bella quanto triste, se da un lato lo spaventava, dall’altro gli procurava una grande emozione, tanto da togliergli il respiro: osservandola ogni giorno, anche se da lontano, aveva finito per innamorarsene.  Così un giorno, armato di tutto il suo coraggio, con una scusa quanto mai banale, si avvicinò a lei e, quasi magicamente, forse per effetto del gatto che teneva in braccio, le parole iniziarono ad uscirgli dalla bocca una dietro l’altra, rassicuranti e sincere, tanto che la ragazza non provò il minimo timore. Quelle parole, seppur proferite da uno sconosciuto che blaterava di incantesimi e gatti parlanti, riuscivano a spiegare la mancanza d’amore di cui aveva sofferto per tutta la sua vita, facendo nascere in lei la speranza. Fu così che, quando il gatto, al termine del racconto, le balzò in braccio, mostrandole il ciondolo che aveva appeso al collo, tutto le fu chiaro e, senza bisogno di spiegazioni, si sfilò la collanina e riunì le due metà del cuore. Una forte luce l’avvolse, obbligandola a chiudere gli occhi e, quando riuscì finalmente a riaprirli, davanti a lei c’era un uomo anziano dai grandi occhi azzurri, proprio come i suoi. Quando i loro occhi si incrociarono, in essi non c’era più traccia di tristezza e le lacrime che scendevano erano segno di una grande felicità. Dopo aver trascorso un giorno e una notte a parlare con la figlia per recuperare il tempo perso, il re decise che era giunto il momento di riprendere ciò che gli spettava, così tornò finalmente al castello e, con l’aiuto delle guardie che mai lo avevano dimenticato, fece arrestare l’usurpatore e tornò a sedere sul suo trono. Non volle, però, rinunciare, alla fedeltà e all’ingegnosità del suo giovane amico che divenne suo primo consigliere. Questo, in realtà, fu solo un incarico provvisorio perché, ben presto, l’amore che era nato tra lui e la principessa venne celebrato in un grande matrimonio e fu così che vissero tutti felici e contenti.

Alessandria Valerio, 1A