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Challenge: divertimento o pericolo?

di admin • Pubblicato il 05 Maggio 2021 11:00:20Navigare sicuri: Internet la sicurezza in rete

L’emergenza sanitaria ha modificato radicalmente il modo di interagire tra le persone, cambiando non solo le tipologie di relazione ma anche le modalità di approccio. Questo ha avuto delle ripercussioni anche sui più piccoli. Relazioni umane, lavoro, intrattenimento, di colpo hanno traslocato sul web.
La rete è divenuta un’agorà virtuale. In questa nuova ‘piazza virtuale’ sono stati catapultati non solo gli adulti ma anche i bambini. Dall’inizio della pandemia, infatti, i bambini sono costretti dinnanzi a telefonino, tablet o computer che sia, per svolgere le attività ordinarie, dalla scuola al catechismo, alla festa di compleanno o di onomastico. In questi mesi anch’essi, al pari degli adulti, hanno ‘sopportato’ mille privazioni e l’unico contatto con amici e parenti è stato virtuale, attraverso, magari il gioco online su una console o su uno smartphone o attraverso i canali social, Tik Tok in maniera particolare.
Come funzionano le sfide sui social network? È giusto premettere che bambine/i e giovani sfidano se stessi e gli altri da ben prima della diffusione delle tecnologie digitali: non è un fenomeno nuovo, soprattutto in adolescenza, quello di volere dimostrare a se stessi e agli altri di essere coraggiosi in situazioni pericolose, di misurarsi con i propri “limiti”. 
Con la diffusione dei social media, la natura di queste sfide è caratterizzata da nuove dinamiche: il pubblico è potenzialmente enorme e coloro che partecipano cercano una visibilità (e accettazione) tramite “like” e commenti. Inoltre ogni sfida online viene “registrata”, produce contenuti e video (a volte di natura violenta) che viaggiano nei e tra i social. Contenuti che diventano virali, raggiungono popoltarità e il rischio emulazione è molto forte. La pressione tra pari gioca un ruolo importante: imitare e impressionare i propri amici sancisce o rinforza il senso di appartenenza ad un gruppo. 
È importante riconoscere che le sfide online variano enormemente e non sono tutte problematiche: sono una pratica molto diffusa di produzione e condivisione di contenuti, sono diverse tra di loro e hanno diversi intenti. Ci sono challenge a scopo benefico o a scopo creativo. Tik Tok è il social che più di tutti le ha lanciate per alcune funzionalità proprie del social media e dell’interazione tra i profili, ma non è l’unico. Le cosiddette sfide o challenge social sono sempre più diffuse sul web e suscitano l’interesse di un gran numero di persone, coinvolgendo soprattutto i bambini e gli adolescenti. Non si tratta di una consuetudine che comporta pericoli di per sé, ma è bene conoscerne le dinamiche e le possibili implicazioni per proteggere i più piccoli.

Come funzionano le sfide sui social?

E’ giusto premettere:  

Quante volte abbiamo sentito parlare di challenge o ne siamo stati personalmente coinvolti?
Il fenomeno delle challenge, letteralmente sfide o competizioni virali, negli ultimi anni ha popolato il mondo dei social network diffondendosi tra i giovani della nuova generazione. Sono sfide nate per sollecitare e mettere in gioco gli adolescenti in maniera semplice, divertente e creativa, grazie alla diffusione di giochi proposti tramite post o storie su Instagram, Facebook, video su Youtube e TikTok. Alcune tra esse sono addirittura istruttive, educative e a scopo benefico. Le caratteristiche essenziali di queste competizioni sono l’originalità e il divertimento, perciò non è importante la popolarità del personaggio che l’ha ideata e diffusa. Ciò che rende le challenge virali infatti sono l’autenticità e la novità, che diffondono tra gli adolescenti interesse e curiosità, portandoli a lanciarsi nelle sfide proposte.
Nel corso degli ultimi anni ne abbiamo viste e vissute molte, una delle più famose è stata la Mannequin Challenge, divertente sfida che prevedeva la registrazione di un video all’interno di una stanza in cui tutte le persone dovevano restare immobili, come se il tempo si fosse fermato. Nel 2012 invece venne diffusa la Bottle Flip challenge, il quale scopo era quello di far atterrare una bottiglia d’acqua in piedi. Infine, il tormentone che nell’estate del 2018 ha avuto un successo immenso è stata la Kiki challenge, tramite cui i giovani si sono sfidati a colpi di ballo. Questa challenge infatti prevedeva l’esecuzione di una coreografia scendendo da un’auto in movimento e ballando sulle note della canzone In My Feelings di Drake. Prendendo in considerazione questi tre esempi risulta scontato dire che questi giochi abbiano un basso livello di pericolo, ma come ogni cosa vi sono delle eccezioni. Le challenge infatti hanno anche una forte, e troppo spesso prevalente, connotazione negativa. Parallelamente alla diffusione delle sfide di cui si parlava in precedenza infatti esse hanno preso piede anche in una forma diversa e decisamente più pericolosa che bisogna far attenzione a non sottovalutare sia per quanto riguarda i ragazzi, a cui sono direttamente rivolte queste sfide, sia per quanto riguarda i genitori che vedono messa a rischio la salute dei propri figli. Queste challenge infatti, se non trattate con attenzione, possono portare ad esiti veramente tragici, attentando alla salute fisica e psicologia di chi ne prende parte e, nel peggiore dei casi, possono portare perfino alla morte.

Challenge estreme

Con challenge  estreme si intendono le sfide per compiere atti di “coraggio”: BlackOut Challenge e Hanging Challenge, ad esempio, sono nomi di presunte sfide in cui si prevede che “il partecipante” stringa una cintura attorno al collo e resista il più possibile. 
Non ci sono evidenze ancora della presenza in TikTok (o in altri social) di questo fenomeno e quanto sia effettivamente diffusa, ma di challenges estreme si parla da molto (ricordiamo tutti il fenomeno Blue Whale) e con esse si intende una pratica che può suggestionare ragazzi e ragazze ed indurli progressivamente a compiere atti di autolesionismo, azioni pericolose (sporgersi da palazzi, cornicioni, finestre etc), selfie pericolosi, sino ad arrivare ad atti che comportano il suicidio. Questa suggestione può essere operata dalla volontà di un adulto (o gruppi di adulti) che aggancia via social e induce la “vittima” alla progressione nelle “tappe” della pratica oppure sui social o gruppi di messaggeria nei quali i ragazzi stessi si confrontano sulle varie tappe, si incoraggiano reciprocamente, si incitano a progredire nelle azioni pericolose previste dalla pratica, mantenendo gli adulti significativi ostinatamente all’oscuro. L’effetto emulazione è l’elemento più pericoloso. Per questo occorre parlare di questi fenomeni con attenzione. 
Ad oggi si conosce poco della reale correlazione tra casi di suicidio e la partecipazione a una challenge.  Quello che sappiamo è che le fragilità della pre e dell’adolescenza sono tante e, a prescindere dalla tecnologia, gli atti di autolesionismo possono essere molto diffusi. 
Le vittime di questi giochi subdoli sono spesso i soggetti cosiddetti più fragili poichè facilmente condizionabili, i quali si trovano addescati e coinvolti in una spirale di azioni e influssi autodistruttivi dai quali fanno fatica ad uscire.
Avrete sicuramente sentito parlare anche della Bird Box Challenge, della Momo Challenge, di Jonathan Galindo, della Planking challenge e della Skullbreacker challenge. Si arriva a sfidare la sorte sdraiandosi al centro di un incrocio stradale e aspettando l’arrivo di un auto, ci si filma mentre si ingoia un cucchiaio pieno di cannella fino a causare il collasso dei polmoni e si sperimenta l’asfissia temporanea.
Perchè si arriva a tanto? Cosa spinge un ragazzo ad attentare alla sua stessa vita? Le scienze sociali stanno studiando il fenomeno della challenge da tempo e sono arrivati alla conclusione che esse siano in qualche modo una fonte d’intrattenimento alternativa alla quale si è spinti a partecipare poiché è virale e rappresenta uno strumento per sfidare i propri limiti in un’età in cui si è inevitabilmente attratti dalla trasgressione. Per proteggere i più piccoli dai possibili rischi delle sfide social, è importante per gli adulti di riferimento conoscere e indicare a bambini/e e adolescenti gli ambienti digitali che possono frequentare a seconda dell’età e senza dimenticare che è possibile iscriversi ai social network solo dai 13 anni in su, con il consenso dei genitori, oppure dai 14 anni, da soli.

Ecco alcuni consigli utili:

  • Occorre non dare per scontato il grado di autonomia che possono avere nell’uso delle tecnologie digitali e non avere paura di stabilire regole anche sulla condivisione delle attività e sui tempi di utilizzo.
  • La gestione della propria identità online va supportata, soprattutto agli inizi della loro vita social, sempre cercando di non risultare invadenti.
  • Parlare, interessarsi e prevenire sono le parole chiave, dunque, per evitare di trovarsi coinvolti in situazioni rischiose. Sebbene la pratica di verificare i contenuti a cui nostro figlio/figlia ha accesso possa essere un comportamento consigliabile nel caso dei più piccoli, facendone sempre oggetto di dialogo e come pretesto per spunti educativi, ciò potrebbe anche essere inutile e controproducente con gli adolescenti più grandi. Inutile per il moltiplicarsi di spazi, canali e “luoghi” virtuali a cui è possibile accedere con particolari abilità informatiche; controproducente perché allontana, lede la privacy a cui hanno diritto e soprattutto interferisce con una dinamica educativa basata sulla responsabilizzazione, la progressiva autonomia e la fiducia. 
  • Gli adolescenti vanno supportati nel riconoscimento e nella gestione delle proprie emozioni, nello sviluppo di autonomia, responsabilità e senso etico. Devono imparare ad esercitare il proprio pensiero critico anche quando sono online, quando cioè provare empatia per l’altro è più difficile, perché scatta un meccanismo di de-responsabilizzazione e di distacco. Devono sapere che se si ritrovano in una situazione più grande di loro, possono chiedere aiuto e possono chiederlo e riceverlo anche se si sono messi nei guai. 

In conclusione vogliamo ribadire che le challenge, come i social, sono armi a doppio taglio che possono al tempo stesso nuocere o lenire, distruggere o creare e tutto dipende dall’utilizzo che se ne fa. Il nostro consiglio quindi è quello di trovare un proprio equilibrio, come bisogna fare per ogni cosa nella propria vita, e quindi di prestare attenzione senza essere ossessivi e di divertirsi senza spingersi troppo oltre.

Le challenge possono veramente essere uno strumento di condivisione positivo quindi fatene buon uso!

Sibilia Diana IF,  Cerini Chiara IIID

coordinato dalla prof.ssa Servadio Elvira ( alternativa IRC)